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Ai confini dell'impossibile...

testi "impossibili" di Pino De Lucia

IDENTITA'



Eravamo in dodici nella mia stanza. E non stavo sognando.
Proprio così: dodici me con il mio volto, i miei modi, i miei tic.
Non mi ero mai visto dodici volte così, anche se mi conoscevo bene.
C'era da ridere.
Avevo deciso che, se qualcuno avesse sorriso, avrei sorriso anch'io.
Nessuno sorrise; forse non era il caso.
Tre dei dodici erano seduti sul divanetto a fiori
tenendo le braccia incrociate e gli occhi chiusi.
La mia stessa posizione di quando mi voglio estraniare
o di quando tengo semplicemente le braccia incrociate e gli occhi chiusi.
Tutto questo nella mia stanza, e non stavo sognando.
Come si fa a chiedere: "Chi siete?" ad undici facce come la tua?
Mi feci coraggio e, a voce alta, dissi:
"Sembra di essere a carnevale!"
Vidi undici volte la mia faccia guardarmi con un'espressione disgustata
e mi disgustai anch'io.
Sì, era un'uscita decisamente idiota la mia.



LO SPECCHIO



Ogni volta che ti guardi nello specchio, non ti riconosci.
Cioè: ti riconosci, ma diciamo che non è quella la faccia che ti aspetti di vedere,
perché ha sempre qualcosa di estraneo.
Quello è il tuo viso, ma nell'immagine riflessa nello specchio
non sai riconoscerti completamente.
Questo, ogni volta ti procura un sottile senso di disagio:
come se ti aspettassi di vedere un altro volto.
E' un mistero che tanti non sanno spiegarsi: perché succede?
Quando si guarda il proprio viso in uno specchio cosa si cerca?
Forse quell'identità, quel volto familiare al quale si era abituati in un altro tempo,
O Ogni volta che si gu arin un'altra vita e che si vorrebbe ritrovare?



L'UNDICESIMA



Per lui era finita. Maledettamente finita.
L'aveva fatta franca tante volte.
La sua salvezza era stata sempre nella sua tecnica: rapida, sicura e senza incertezze.
Scegliere bene il soggetto e al momento opportuno: zac! un taglio netto.
Dieci volte così e ne era orgoglioso.
Ma l'undicesima...
Sapeva che un giorno, per lui sarebbe finita, ma questa fine solenne, legale, lo infastidiva.
La sedia sembrava scottargli.
Girò lo sguardo velato di sudore cercando di imprimersi bene, per l'ultima volta, i volti dei testimoni.
Volti tesi, ansiosi, lo fissavano morbosamente. Solo una donna in fondo, lo guardava mesta:
gli occhi umidi.
Anche lui la fissò e le sorrise debolmente, quasi fosse lui a volerle dare coraggio.
Se avesse potuto tornare indietro, ricominciare da capo...
Non si accorse subito del prete.
Quel viso mesto, quei paramenti solenni sapevano di essere loro l'ultimo atto.
Sentì che le gambe gli venivano meno.
Non ci sarebbe stata una dodicesima.
L'undicesima l'aveva fregato.
In quel momento l'organo intonò la marcia nuziale.

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